Sto camminando con passo svelto verso l’uscita dell’aeroporto, seguo il trolley rosso da cabina di una donna davanti a me che ha un passo ancora più svelto del mio.
L’aeroporto é molto affollato, intravedo davanti a noi un padre fermo in attesa di qualcunə, ha un carrello pieno di valige, un figlio piccolo seduto sopra e altri due più grandicelli accanto a lui, in piedi, uno alla sua destra, l’altro a sinistra, il lato dove sto per passare, e prima di me la signora dal trolley rosso.
C’è davvero tanta gente, penso che passeremo molto, forse troppo vicino a quel bimbo, fermo accanto al papà, vedo infatti la signora superarlo noncurante delle misure del proprio trolley, che lo prende in pieno, travolgendolo e facendogli perdere l’equilibrio. Lei si infastidisce solo per il trolley “impigliato” per un attimo in quell’ostacolo, rallentando la sua corsa, e prosegue imperterrita. Niente scuse, niente pietà.
Mi fermo per capire se il bimbo sta bene, il padre non capisce come mai suo figlio da fermo sia quasi finito in terra poi si volta verso la tipa già lontana.
Lo guardo, gli faccio parte della mia sorpresa per questa totale mancanza di attenzione verso un bambino di circa 6 anni, ma lui non dice niente, constata il piccolo sia nuovamente in piedi e torna a guardare verso chi dovrebbe arrivare ad aiutarlo con bagagli e figli. Nessuna parola, nessuna empatia.
Riprendo il mio cammino con le parole di Korczak in testa:«tra la folla le persone gli nascondono (al bambino) la vista, non lo vedono, lo spintonano, non é facile essere piccolo, anzi é anche un po’ triste»
E sono triste io, nel pensare che se non riusciamo a fare attenzione noi per primə aə bambinə che ci circondano, sia figliə che estraneə, a scusarci se facciamo loro del male, se non li vediamo, non lə rispettiamo… dove vogliamo andare come società?
Dimentichiamo sempre che quel piccolo di 6 anni un giorno sarà un adulto, forse il medico, il poliziotto, l’infermiere, il politico che dovrà occuparsi di noi vecchiə. E sarà lui ad avere un trolley rosso.