Ho guardato il documentario francese “enfants sous influence- surexposes au nom du like“, che racconta dei bambini sovraesposti sui canali social dei genitori, influencer e non.
Emerge ovviamente la buona fede e una grande ingenuità da parte di noi adulti, nel pensare che in effetti una semplice foto in passeggino o al primo giorno di scuola, condivisa con i nostri amici e parenti via social, non faccia del male a nessun e men che meno aɜ nostrɜ bambinɜ.
In realtà entrano in gioco fattori poco gestibili e subdoli che possono mettere in serio pericolo loro e anche noi.
Si va dai siti che raccolgono le foto innocenti dei nostri bebè e che vengono visti da 25 milioni di utenti unici al giorno(!) con commenti espliciti inequivocabili, alla coppia di gente comune che cade nella trappola dei like e delle richieste di adv, vivendo solo per creare contenuti col suo baby, e che quando si separano subiscono una shit storm sproporzionata spingendo la madre al suicidio.
Due le persone intervistate che mi hanno colpita di più:
La ragazza americana di 24 anni, sovraesposta quando era bambina da sua madre su facebook, che ha sviluppato ansia, paure e bassa autostima per via di “sconosciuti che mi abbordano per strada parlando delle mie prime mestruazioni (le ha avute a 9 anni) e il pensiero che se non faccio/dico qualcosa perché mia madre abbia un contenuto da condividere, io non le interessi davvero”
E poi la madre canadese che si batte per il consenso e la protezione dei minori, quando dice:” inviteresti uno sconosciuto per strada a casa tua per guardare tua figlia fare il bagnetto?” Il virtuale insomma è più reale di quel che pensiamo.
Nel documentario scopriamo anche mondi in cui la Pedagogia Nera regna sovrana, ovvero nelle famiglie in cui si rincorrono like maltrattando bambinɜ, umiliandolɜ o facendo loro scherzi di pessimo gusto.
E per fortuna i genitori ne perdono l’affidamento.
Un documentario che mi piacerebbe venisse diffuso anche in Italia per lanciare una riflessione più ampia, magari aiutandoci a capire perché a noi adulti piaccia così tanto condividere virtualmente la nostra vita e quella dei nostrɜ figlɜ, senza pensare ai pericoli reali.
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